Sotto Clinton contribuì a forgiare la politica americana dopo la guerra fredda, sostenendo l’allargamento della Nato e il suo intervento armato in Kosovo nella primavera 1999 per “ragioni umanitarie”. Nel 2000 si recò in Corea del Nord partecipando ad uno storico incontro con il leader nordcoreano Kim Jong-il.
Il profetico editoriale sul New York Times
L’ex segretaria di stato è rimasta immersa nell’impegno civile e politico sino alla fine, prendendo posizione negli anni scorsi contro Donald Trump e la sua «strana ammirazione per i dittatori come Vladimir Putin». Un mese fa aveva firmato sul New York Times un editoriale che appare profetico: «Invece di spianare la strada alla grande Russia, l’invasione dell’Ucraina segnerà l’infamia di Putin, lasciando il suo Paese diplomaticamente isolato, economicamente in difficoltà e strategicamente vulnerabile di fronte ad una alleanza occidentale più forte e unita».
Le sanzioni occidentali, notava, «devasteranno non solo l’economia del suo Paese ma anche lo stretto circolo di amiconi corrotti, che a loro volta potrebbero sfidare la sua leadership. Quello che sarà di certo una guerra cruenta e catastrofica drenerà le risorse russe e costerà vite russe creando nello stesso tempo un incentivo urgente per l’Europa per tagliare la sua pericolosa dipendenza dall’energia russa».
Il duro giudizio su Putin
Tra le altre conseguenze dell’aggressione russa, il rafforzamento del fianco orientale della Nato e una «fiera resistenza armata ucraina col forte supporto dell’Occidente», indicava, evocando per Mosca lo scenario della fallita invasione sovietica dell’Afghanistan.
Primo alto dirigente americano ad incontrare Vladimir Putin come presidente facente funzioni all’inizio del 2000, la Albright lo ricordava come una persona «piccola e pallida», con «la freddezza di un rettile», «imbarazzata dal crollo dell’Urss e decisa a restaurare la grandezza» del suo Paese.