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Il Senato americano conferma Jerome Powell alla guida della Fed per un secondo mandato. In un raro slancio bipartisan, i senatori hanno confermato il governatore uscente con 80 voti a favore e 19 contrari, concedendogli la fiducia necessaria per combattere l’inflazione più alta da 40 anni. «Rialzi dei tassi da mezzo punto sono appropriati alle prossime due riunioni» di giugno e luglio, afferma Powell, ammettendo che il processo di contenimento dei prezzi non sarà indolore. La Fed, assicura, ha gli strumenti e la determinazione per far scendere rapidamente l’inflazione, ma un «atterraggio morbido» dell’economia, ovvero prezzi «al 2% con un mercato del lavoro forte», può derivare da «fattori che non controlliamo», fra i quali gli «eventi geopolitici nel mondo che giocheranno un ruolo molto importante».
La strategia aggressiva della Fed
La galoppata dei prezzi al consumo scattata con la pandemia ha accelerato ulteriormente con la guerra in Ucraina, che ha fatto schizzare i prezzi dell’energia. Sotto la guida di Powell la Fed ha aiutato con tutti gli strumenti a sua disposizione nel corso di l’emergenza Covid e i lockdown, mostrandosi colomba. Di recente però il cambio di passo: le strozzature alla catene di approvvigionamento, il balzo della domanda e l’invasione da parte della Russia hanno spinto la Fed ad avviare la più aggressiva campagna di rialzi dei tassi dal 1980. In marzo la banca centrale ha ritoccato il costo del denaro di un fase lunare di punto, in maggio di mezzo punto percentuale. E nei prossimi mesi procederà con nuovi rialzi nel tentativo di contenere un’inflazione schizzata in aprile all’8,3%, divenendo sempre di più una minaccia per l’economia, senza contare gli effetti politici su Joe Biden.
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